– Voci dalla distanza Emergenza Covid e diritto al Welfare

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REPORT

COMUNICATO STAMPA

Community sorelle di cuore, Oltre lo sguardo, Nuove Frontiere, Hermes

“voci dalla distanza” nella speranza che non restino inascoltate

Mercoledì 10 marzo alle ore 16 si è tenuto un incontro in modalità remota, dal titolo: “Voci dalla distanza: emergenza Covid e diritto al welfare. La sfida del territorio ”, proposto dall’Ordine TSRM e PSTRP Roma e Provincia.

L’intento riuscito è stato quello di dare voce sia ai professionisti dell’area della riabilitazione, che hanno operato e operano tuttora in condizioni critiche e difficili, sia ai disabili e alle loro famiglie.

Sono intervenuti, come da programma: Carlo Dal Pont, Presidente dell’Ordine di Roma; Renato Riposati Presidente CdAN Educatori professionali; Elena Patrizia Improta Presidente della Onlus Oltre Lo Sguardo a nome della Community Sorelle di cuore; Stefania Stellino Presidente Angsa Lazio Area Scuola Fish Lazio; Giampiero Griffo Coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabili; Pietro Barbieri Presidente de gruppo di studio sui diritti delle persone con Disabilità CESE. Inoltre sono intervenute Arianna Felicetti, come genitore e membro della Consulta della disabilità dell’XI Municipio di Roma; Loredana Fiorini, Presidente dell’Associazione Hermes Onlus; Silvia Leuzzi, come Aps Nuove Frontiere Onlus per la Rete Sociale di Ladispoli/Cerveteri; Vitalba Azzolini e Sara Bonanno per Oltre Lo Sguardo Onlus.

L’incontro durato più di tre ore ha toccato tutte le criticità della condizione di disabilità, che la pandemia ha messo ancora più in evidenza. Prima fra tutte la questione sanitaria, nella quale è esplosa in maniera evidente a tutti, la carenza di una medicina del territorio. La disabilità da tempo ormai fa i conti con questa erosione di servizi, basta solo ricordare la carenza di Servizi Territoriali Riabilitativi per minori e la quasi totale assenza per gli adulti.

Laila Perciballi referente per le relazioni con la cittadinanza e la promozione dei valori dell’ordine per la FNO TSRM PSTRP ha introdotto la discussione offrendo ai relatori uno spunto di riflessione importante : il “progetto esistenziale di vita” (Pev), che, al momento, è stato realizzato nel Comune di Reggio Emilia che ha abbracciato le proposte del Prof. Paolo Cendon, ed ha istituito il REGISTRO DEI PROGETTI ESISTENZIALI DI VITA. Su iniziativa dell’assessora Rabitti, per la prima volta in Italia viene esplicitamente posto l’accento sul rispetto dei desideri delle persone con disabilità e viene ufficializzato l’impegno che un’istituzione politica locale – insieme a una rete di soggetti privati attivi sul territorio – si assume per promuovere l’autodeterminazione di uomini e donne che tradizionalmente sono considerati più come oggetti di cura che come soggetti attivi nel processo di “costruzione” della propria esistenza. La realizzazione del PEV segna una trasformazione concreta delle idee comuni sulle persone con disabilità di conseguenza, del modo con cui ci si prende cura di loro. l Pev nasce dalla legge sul Dopo di noi, del 2016. Esisteva già una legge in Italia, la 328 del 2000, che parla di ‘progetto individuale. Però è stata sempre vista come un progetto di tipo lavorativo o residenziale. Naturalmente sono cose importanti ma non l’essenziale, per una persona che ha bisogno di essere aiutata, ciò che davvero conta è il progetto di vita di tipo sentimentale, esistenziale, personale, quotidiano, affettivo…Tutti questi aspetti sono la chiave di volta dell’esistenza. La legge sul Dopo di noi parla per lo più di aspetti patrimoniali, burocratici, fiscali, non menziona l’essenziale per proteggere il disabile spaventato dal rischio di restare orfano.

Il progetto esistenziale di vita, (PedV) è il documento redatto con il pieno coinvolgimento di una persona con disabilità e destinato alle seguenti finalità:

· Dare voce, nel pieno rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali, ai desideri, alle aspirazioni profonde, salvaguardare il presidio delle abitudini di vita delle persone con disabilità;

· Rafforzare il diritto di autodeterminarsi degli interessati, permettendo loro di fruire di un’esistenza la più piena, fruttuosa e soddisfacente possibile: in particolare sotto il profilo degli affetti, della quotidianità, del benessere, della scuola, del lavoro, della cultura, della creatività, della residenza, del tempo libero, dello sport, e così via

· Contribuire a far emergere il “migliore interesse” della persona fragile, grazie anche al coinvolgimento di una pluralità di conoscenti e di esperti

· Contribuire al rispetto delle volontà contenute nel PEdV anche nei casi in cui la famiglia non sia / non sarà più, per le ragioni più varie, in grado di assistere quotidianamente il proprio caro.

Il PEV illustra quali siano i desideri, le aspirazioni e le abitudini dell’Interessato. La finalità è quella di contribuire affinchè quanto indicato nel Progetto Esistenziale di Vita venga rispettato dalle persone chiamate in qualsiasi modo a prendersi cura – nel presente e nel futuro – dell’Interessato.

Una volta depositato, il PEV ha valore nei confronti di tutti gli interlocutori che si prendono cura dell’interessato affinchè anche loro tengano conto di quanto ivi indicato.

La pandemia ha solo messo in evidenza quanto la medicina territoriale, volutamente dimenticata e depauperata di risorse e personale, da una politica “ospedalocentrica“, avrebbe potuto arginare il fenomeno dell’affollamento degli ospedali, lasciando a quest’ultimi solo le cure impossibili da fare in casa.

Per quanto riguarda la disabilità, è emersa la necessità di mettere al centro di una Rete di servizi la Persona disabile, nella quale i professionisti sanitari possano instaurare una “relazione di cura “, che sia di accompagnamento nelle varie fasi della vita e possa rispondere ai bisogni reali di salute e di vita.

Se la persona disabile è al centro di questi servizi, allo stesso modo lo è il suo Caregiver, ovvero colui o meglio colei che si prende cura del familiare disabile, in quanto per lo più si tratta di madri, sorelle o figlie di genitori anziani e malati.

Sono emersi i dati inquietanti della spesa sostenuta per le RSA, le cui strutture sono spesso quotate in borsa, che a fronte di 370.000 pazienti hanno risorse superiori, rispetto all’assistenza domiciliare che deve far fronte alle esigenze di più di due milioni persone e relative famiglie in difficoltà.

Pietro Vittorio Barbieri, sui caregiver ha sostenuto l’esigenza di separare due diverse platee, quelle dei familiari di persone anziane che vivono l’assistenza al proprio congiunto per un periodo limitato della loro vita, da coloro che invece se ne fanno carico tutta la vita. La responsabilità pubbliche deve saper riconoscere le differenze e i differenti sostegni necessari. Non è più tempo di dividersi tra chi sostiene il primato dei servizi e chi quello dei familiari. Sul tema dei diritti tradotto nel concreto dei servizi, persone con disabilita e loro familiari hanno vissuto la fragilità del nostro impianto normativo nazionale e locale: la scuola che ci abbandona in una sorta di centro diurno pur di essere in presenza, in contraddizione con le linee guida dell’Istituto superiore di sanità il quale per l’autismo ha previsto solo interventi riabilitativi a distanza (nonostante l’indicazione chiara nei DPCM che le terapie in presenza devono essere garantite a casi urgenti e indifferibili, e l’autismo rientra sicuramente in questi). Tra le questioni che la pandemia ha svelato è lui l’inutilità, non so la debolezza, di servizi territoriali basati quasi esclusivamente sulla presenza medica per la costante necessità di diagnosi e certificazione per l’accesso a servizi. Occorre trasformare tutto ciò in servizi. Come capita in altri paesi, la diagnosi non va ripetuta ogni pié sospinto. Basta una volta sola. I servizi territoriali devono essere costituiti da figure professionali riabilitative e assistenziali.

La Convenzione Onu sui diritti dei disabili, firmata dall’Italia nel 2009, è ancora poco conosciuta e studiata all’Università e quindi trasferita agli operatori dell’area della disabilità e a quelli che si occupano anche delle persone con disabilità – ha sottolineato Griffo nel suo intervento. La sua applicazione comporta un cambio di paradigma sul nostro tipo di welfare nazionale e regionale: da un modello di welfare basato sulla protezione, che durante la pandemia non ha protetto le persone con disabilità e le loro famiglie (lockdown dei servizi, elevato numero di morti nelle residenze, esclusione dal diritto all’educazione per un gran numero dei 284.000 alunni con disabilità, assenza di attenzione adeguata ai diritti umani negli interventi dei piani di emergenza, etc.).

Il welfare di inclusione dovrebbe essere basato sulla domiciliarizzazione (le risorse per le istituzionalizzazioni, da 3.000 a 6.000 €/mese), su progetti personalizzati basati sul modo di funzionamento delle persone con disabilità durante tutto il percorso di vita elaborati insieme alle stesse persone con disabilitò e loro famiglie, su obiettivi di abilitazione e empowerment, creando in maniera omogenea in tutte le regioni gli appropriati sostegni. Il piano italiano di rinascita e resilienza deve andare nella stessa direzione rispettando tre principi: inserire in maniera trasversale tra i beneficiari dei progetti le persone con disabilità, garantire in tutte le azioni l’accessibilità e fruibilità per tutti, basarsi sulla non discriminazione e pari opportunità per superare le ineguaglianze anche per le persone con disabilità.

È tempo di rivedere lo stesso Progetto di Vita, pensato nella legge quadro 328/2000, perché troppo generalizzato e legato a valutazioni sommarie e insufficienti come le schede Svamdi, nel quale la famiglia e la persona disabile non sono ascoltati.

Le testimonianze più vere e toccanti sono state quelle delle madri. Prima fra tutti quella della sorella della Community delle Sorelle di cuore: Elena Patrizia Improta, Presidente dell’associazione Oltre Lo Sguardo Onlus, che ha descritto con lucidità e sentimento il cammino doloroso, fatto da tutte noi mamme. La scuola, la riabilitazione e lo strazio di un sogno irraggiungibile d’integrazione, il vuoto di servizi socio-sanitari, la solitudine dell’età adolescenziale e adulta e lo strazio di un futuro sempre più incerto sono stati sviscerati senza finzioni e per questo hanno centrato il problema e lasciato i partecipanti nel doloroso silenzio dell’impotenza. Importantela testimonianza della dottoressa Felicetti, che il figlio disabile, arrivato in piena ascesa di carriera lavorativa brillante, spezzata da una scelta necessaria ma molto dolorosa. Una scelta che fanno solo le madri o quasi, buttando nella spazzatura sogni e fatiche, per andare a compensare la carenza dei servizi e supporti, che un welfare evoluto dovrebbe avere. Stefania Stellino, sollecitata sul tema vaccini, ha affrontanto il tema del prezzo pagato in termini di esclusione ed isolamento da chi difficilemnte tollera le mascherine sia da indossare che indossate dagli altri e che soprattutto ha dovuto adeguarsi in maniera brusca a nuove routine difficili da comprendere e da far comprendere. Bisogna investire di più sul futuro, non intervenedo solo nella emergenzialità, ma pianificando senza improvvisare. Urgente delineare il progetto di Vita unico ed irripetibile per ogni persona con disabilità, ricordando che la scuola ne è parte integrante, come il tempo libero. Ha concluso con il richiamo al singolo che fa la differenza: si può costruire il migliore degli interventi, ma è la persona che li “realizza” a determinarne la qualità!

Loredana Fiorini ha raccontato dell’esperienza di rete con Oltre Lo Sguardo, che ha dato vita a un centro di socializzazione, finanziato con Ipab Asilo Savoia. Loredana ha raccontato di come il progetto con un minimo di spesa sia riuscito a dare un supporto valido di socializzazione ai ragazzi e allo stesso tempo un sollievo alle loro famiglie, rimarcando più volte quanto sia importante superare la cultura che vede la persona con disabilità come bisognosa solo di cure, riabilitazione e assistenza a scapito di una visione globale della persona incentrata sulla valorizzazione delle abilità, dei desideri prima ancora che dei bisogni, come soggetto attivo incluso in una relazione continua Persona-Mondo.

Progetto cui ha fatto seguito un emendamento che inserito nel Piano Sociale Regionale 2018 come realtà da realizzare su ogni distretto ad oggi è rimasta una indicazione politica disattesa da tutti i Municipi e distretti ASL. Silvia Leuzzi, delegata alle comunicazioni dell’Associazione Nuove Frontiere, ha raccontato l’esperienza della Rete Sociale costituitasi a Ladispoli durante il lockdown e delle battaglie condivise, per smuovere un neghittoso Ufficio di Piano Distrettuale. Vitalba Azzolini ha posto interrogativi, cui non hanno potuto dare risposta, ma che sono fonte di riflessione (come ad esempio l’utilità del Ministero della disabilità) , mentre Sara Bonanno ha toccato il problema della carenza di personale infermieristico, sofferto in maniera drammatica da lei e suo figlio Simone, in questo periodo di emergenza sanitaria. La testimonianza ha avuto la finalità di far emergere l’indispensabilità di porre sotto adeguate tutele i professionisti sanitari domiciliari di frontiera, rappresentanti importantissimi

della Sanità territoriale più prossimale alla popolazione fragile, che proprio nel periodo pandemico hanno rappresentato l’intervento più incisivo ed efficace della continuità assistenziale.

Le Associazioni al fine di dare continuità all’incontro hanno proposto un “documento congiunto” con proposte concrete che prendano spunto dai documenti consegnati al Presidente del CdA Educatori Professionali Roma che trattano dei seguenti temi:

“La sanità e l’indispensabilità del vivere”

“Pandemia e disabilità”

“Vaccini e esperienze scolastiche innovative”

“Istituzione di centri socio occupazionali per giovani adulti con disabilità complesse”

“Imprenditoria disabili”

“Rete di Associazioni e esperienza del Giardino di Annalisa – Ladispoli”

Tale documento potrebbe essere inoltrato alla Regione Lazio e divulgato sui canali social dedicati al welfare.

La testimonianza della rappresentante dei terapisti è stata interessante, in quanto è emerso che quest’ultimi con la teleassistenza hanno imparato a conoscere l’habitat, nel quale si muove e vive il loro assistito. Nello stesso tempo i genitori, gravati da un ulteriore impegno, hanno dovuto imparare a diventare le mani dei fisioterapisti o dei logopedisti. Dove è riuscita, questa esperienza ha sicuramente insegnato approcci diversi e più proficui, che potrebbero migliorare il rapporto genitore/figlio.

Come dice Laila Perciballi, la parola chiave con la quale dobbiamo ripartire è un “patto di rifioritura“ della sanità e della collettività, pertanto è necessario disegnare insieme un nuovo percorso nel quale la fragilità, la disabilità sia protetta e parte importante della rete sociale dei servizi territoriali.

Per iniziare a lavorare per “la rifioritura” della nostra società e della sanità ed al fine di creare un nuovo modo di affrontare la disabilità, mettendo al centro le “abilità” ed i “progetti di vita esistenziali delle persone”, e per essere pragmatici, vi invito a prendere visione e, solo ove da voi condivisa, a dare impulso alla petizione

lanciata dal Prof. Cendon.

https://www.change.org/p/on-marta-cartabia-ministro-della-giustizia-patto-di-rifioritura-uscire-dal-tunnel.

Hanno moderato l’incontro Nicola Titta e Francesco Castracane CdA Educatori professionale Ordine di Roma e Laila Perciballi referente per le relazioni con la cittadinanza e la promozione dei valori dell’ordine per la FNO TSRM PSTRP .

Per maggiore informazioni invitiamo a cliccare sul link https://www.sanitainformazione.it/omceo-enti-territori/disabilita-associazioni-e-professionisti-sanitari-a-confronto-perciballi-fno-tsrm-pstrp-persona-sia-al-centro-di-patto-reciproco-di-sostegno/?fbclid=IwAR2w96tX6o9TGuy6vBNxtROdIVQD-jrEcala6qiYYtuLgMUTo_CK0OYy7Zw

18 marzo 2021

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